Negli ultimi anni abbiamo scoperto che esiste una stretta associazione tra animali e batteri tanto che questi possiamo dire fanno parte dell’organismo animale tanto da dover definire questi organismi come ibridi in quanto suddivisi in apparati di cellule umane ed apparati di batteri. Questo apparato si chiama microbiota, ed è presente in tutto il corpo ed in ogni specifico sito ha una diversa costituzione e funzione.
Il microbiota che risiede nel colon viene chiamato appunto “colonico” ed è sicuramente l’organo più rappresentativo di questo apparato , circa il 70% dei batteri presenti nel corpo umano vivono nel colon.

La DISBIOSI è una alterazione nella composizione e nell’espressione genica del microbiota colonico con un aumento delle forme pro-infiammatorie a discapito di quelle antinfiammatorie.

Le conseguenze di un alterato rapporto tra noi ed il nostro microbiota colonico sono al momento difficili da analizzare fino in fondo, per definire quanto poco sappiamo possiamo utilizzare la famosa frase di Winston Churchill sull’Unione Sovietica del 1939: “Un indovinello racchiuso in un mistero che fa parte di un enigma”.
La disbiosi determina una condizione di costante pressione infiammatoria del mondo batterico sul sistema immunitario e nervoso dell’intestino con sviluppo di varie patologie: malattie infiammatorie croniche intestinali ; sindrome del colon irritabile ;malattia diverticolare ; malattia celiaca ;gastrite cronica con innesco della progressione gastrite- cancro gastrico ; polipi del colon con innesco della progressione polipo – cancro .


Oltre ai danni al loro “contenitore “le alterazioni dell’equilibrio batterico determinano progressivamente un sostanziale indebolimento della barriera (muco) che deve separare i microbi e gli allergeni alimentari dalla parete intestinale con conseguente passaggio in circolo di questi, condizione definita sindrome da alterata permeabilità intestinale (leaky gut syndrome).

Da questa conseguono diverse e gravi patologie sistemiche: malattie autoimmuni (diabete mellito tipo 1, tiroiditi, artrite reumatoide) ; allergie ;patologie fungine (in particolar modo la candida) ; infezioni genitali e urinarie; dermatite  ; sclerosi multipla ; autismo; obesità; predisposizione alla aterosclerosi
La disbiosi , quindi, da un punto di vista clinico si rappresenta come un iceberg di cui i sintomi addominali (un tempo attribuiti al colon irritabile) sono solo la sua punta.


Cause principali di alterazione del microbiota colico

Alimentari
Ippocrate di Kos ( 400 a.C.) , considerato il padre della medicina scientifica, basò tutto il suo approccio terapeutico su questo aforisma: “Che il cibo sia la tua medicina, che la medicina sia il tuo cibo” .
Molto tempo dopo nel 1700 il filosofo Ludwig Feuerbach coniò un’altra famosissima frase: ‘Noi siamo quello che mangiamo’.
Purtroppo l’avvento del mondo industriale alimentare degli ultimi 50 anni ha indotto un notevole peggioramento della qualità del cibo diventato fonte di continuo avvelenamento del nostro microbiota con grave impatto negativo per la salute dell’uomo. Vediamo chi sono i maggiori responsabili.


Farina doppio zero
La farina bianca si ottiene dal processo di molitura del seme del grano, dal quale vengono tolte due componenti (crusca e germe) fondamentali che non solo impoveriscono il contributo nutrizionale per noi e per i nostri batteri ma fa aumentare notevolmente l’indice glicemico con tutte le conseguenze negative che questo comporta. I nutrizionisti americani per limitare il grande consumo di pane bianco hanno coniato questa frase: “The whiter the bread, the quicker you’re dead” (Più bianco è il tuo pane più vicina è la tua morte). Non contenti di aver privato il nostro grano di questi preziosi componenti né abbiamo aggiunto uno con effetto sicuramente tossico: il pesticida. Il loro utilizzo si base sul falso razionale che sarebbe la sola vera arma per ridurre i danni economici provocati dai parassiti agricoli. Il loro impiego ha azione distruttiva sul nostro microbiota (glifosato è un erbicida con effetti negativi sul 54% delle specie batteriche intestinali commensali).


Zucchero
Ha iniziato ad essere presente nella dieta dell’uomo solo a partire dal 1600 ma ne è diventato un protagonista negli ultimi 50 anni. La sensazione di dolce nel cibo ha progressivamente cambiato il rapporto dell’uomo con gli alimenti tale da creare una vera dipendenza da dolce. Oltre all’elevato indice glicemico lo zucchero ha effetti molto negativi sul microbiota in particolare di quei batteri che si occupano di tenere in regola la barriera di con conseguente sviluppo della sindrome dell’intestino permeabile. Da questo nasce una allerta da parte delle organizzazioni sanitarie che impongono come porzione giornaliera il 5% dell’energia totale di una dieta equilibrata da 2.000 Kcal ovvero 25 gr di zucchero (5 cucchiaini ) che corrispondono a 3 cucchiaini di miele, 3 cucchiai di marmellata, 1 fetta piccola di crostata, 2/3 di una lattina di cola, 1 bicchiere di succo di frutta .

Cibi industriali
Il mondo alimentare industriale lavora nella creazione di cibi confezionati che abbiano due requisiti fondamentali essere conservati molto a lungo ed avere la massima palatabilità quasi a creare una dipendenza da gusto definito in inglese bliss point ovvero punto di beatitudine. Sono assimilabili a vere droghe che creano uno stato di dipendenza tale che si tende a volerne ancora di più, anche quando il senso di fame è stato colmato. A tale scopo si sono concentrati gli sforzi su di una triade di componenti: zuccheri – grassi – sale . Il bilanciamento di questa triade è sicuramente fondamentali per l’economia industriale ma purtroppo tossica per il consumatore, diversi studi pubblicati evidenziano il legame tra il consumo di questi alimenti e un aumento del rischio di obesità, malattie cardiovascolari e morte prematura.
Altro elemento da considerare nel consumo di questi prodotti è il problema degli emulsionanti o additivi, in particolare – il polisorbato 80 e la carbossimetilcellulosa – sostanze usate per fare in modo che gli ingredienti nei cibi si amalgamino in modo stabile. Si è dimostrato come la loro assunzione abbia un effetto nell’ aumento della componente batterica intestinale di tipo infiammatorio con aumento della permeabilità intestinale. Inoltre, queste sostanze cambiano l’espressione di alcuni neuropeptidi, messaggeri chimici di collegamento tra il sistema nervoso centrale ed il sistema nervoso enterico, creando una maggiore componente ansiogena e difficoltà di socializzazione. Il consiglio è quindi di cercare di limitare il più possibile il consumo di questi prodotti e non farsi ingannare dalla loro bella apparenza e basso prezzo. Quello che si risparmia al supermercato poi lo si paga in farmacia!!!
Farmacologiche: in particolare sono due le categorie di farmaci che mettono a rischio la salute dei nostri batteri

Antibiotici
L’uso degli antibiotici, nonostante i numerosi vantaggi in campo infettivo, è spesso associato ad esiti negativi per la salute, in particolar modo se assunti per lunghi periodi oppure somministrati nelle prime fasi di sviluppo neonatale. L’effetto degli antibiotici sul microbiota intestinale varia al variare della molecola utilizzata da 30 giorni (Amoxicillina, Cefalosporine e Macrolidi) fino a quasi 2 anni (Chinoloni e Clindamicina). Già dopo un singolo ciclo la biodiversità del microbiota intestinale si riduce del 25%. Tra tutti, i bifidobatteri ed i lattobacilli sono i primi a subire drastiche riduzioni, anche in seguito a una singola dose di antibiotico. Secondo dati dell’agenzia italiana del farmaco (AIFA), l’Italia si pone tra i Paesi Europei con maggior consumo di antibiotici, addirittura doppio rispetto a Germania e Regno Unito, con un aumento del consumo del 18% tra gli anni 2000 e 2007. Come diretta conseguenza dell’abuso e della scorretta assunzione di antibiotici, l’Italia risulta inoltre tra i Paesi Europei con il più alto tasso di antibiotico-resistenza definita dall’OMS come “resistenza di batteri ad uno specifico antibiotico che originalmente era efficace per il trattamento di infezioni causate dagli stessi.

Gastro-protettori (omeprazolo, pantoprazolo, rabeprazolo, lansoprazolo, esomeprazolo)

Detti Inibitori della Pompa Protonica (IPP) bloccano la secrezione acida gastrica. Ma cosa succede se lo stomaco non produce acido? Il danno maggiore è la mancata sterilizzazione dei cibi, l’acido infatti è un potentissimo inceneritore che brucia tutti i germi presenti nei cibi. In anni preistorici si considera che lo stomaco avesse un pH di circa 2 ovvero ambiente molto acido tale da consentire all’uomo di mangiare anche le carcasse di animali morti. Quando circa 10 mila anni fa siamo passati da cacciatori a coltivatori / allevatori il nostro pH è aumentato a circa 2,8 e già questo ha scombussolato i nostri amici batteri nell’intestino. Un ciclo di IPP porta il pH gastrico a circa 6-8, inutile commentare quanti danni si determinano al nostro microbiota.

Scarsa attività fisica

È stato dimostrato come il passaggio da una vita sedentaria ad un’attività fisica moderata per almeno 150 minuti alla settimana (livello minimo di esercizio fisico raccomandato dalla OMS) è associato a una riduzione del rischio di morte per qualunque causa del 24% e di morte per cancro del 11%. Si consiglia :
Evitare di rimanere seduti per più di un’ora di seguito interrompendo la sedentarietà con qualche minuti di attività fisica; Fare le scale invece di usare gli ascensori; Camminare almeno un’ora al giorno; Praticare almeno 150 minuti alla settimana di attività fisica moderata o 75 minuti di attività vigorosa.
L’esercizio fisico inoltre stimola il sistema immunitario, il quale a sua volta invia segnali chimici ai microbi intestinali modificando la sua composizione e stimolando la produzione di acidi grassi a catena corta. In un famoso esperimento sui topi, gli animali sono stati suddivisi in due gabbie, una con una ruota e l’altra senza. Il primo gruppo con la ruota correva in media 3 km al giorno e rispetto al gruppo di controllo producevano il doppio di butirrato e notevole aumento di varie sostanze antiossidanti fondamentali per contrasto dell’invecchiamento cellulare.