gli antibiotici sono amici o nemici

 

 

Con il termine antibiotico-resistenza si intende la capacità di un batterio di resistere all’azione di uno o più farmaci antibiotici e quindi di sopravvivere e moltiplicarsi anche in presenza loro. 

Questa è tanto di natura farmacologica, dovuta alle terapie, quanto ambientale, dovuta alla possibile contaminazione di acqua ed alimenti. Quando però parliamo di “terapie” ricordiamoci che solo il 30% di queste ha come bersaglio l’uomo. Nei soli USA l’uso degli antibiotici a basso dosaggio come promotore di crescita per l’animale riguarda il 70% di tutti gli antibiotici prodotti dall’industria farmaceutica. L’animale infatti, per quanto possa essere ben allevato, vive e cresce in un ambiente ricchissimo di focolai infettivi, protetti da gastroenteriti. Queste caratterizzano situazioni di diarrea profusa che limitano sicuramente la crescita dell’animale. In questo senso l’uso di antibiotici a basso dosaggio, miscelati ai mangimi, 

Quindi bisogna sfatare il fraintendimento per cui l’antibiotico resistenza si sviluppa ingerendo eventuali residui di antibiotici contenuti nei prodotti di origine animale; ad essere trasmessi sono i batteri antibiotici resistenti e non residui di antibiotici. 

Il rischio di essere infettati da batteri antibiotico-resistenti riguarda non solo la persona che prende gli antibiotici in modo improprio ma anche coloro che saranno successivamente contagiati da quegli stessi batteri. L’antibiotico-resistenza non è quindi un problema solo individuale ma sociale.

Un problema di così vaste implicazioni al momento non riceve la giusta attenzione, in ombra anche per via della pandemia di Covid. 

In Europa si verificano annualmente 4 milioni di infezioni da germi antibiotico-resistenti che causano oltre 37 mila decessi con un significativo assorbimento di risorse (sanitarie e non) che ammontano a circa 1,5 miliardi di euro l’anno. Un recente studio su The Lancet pubblicato valuta il possibile impatto su scala globale stimando che nel 2050, le infezioni da batteri resistenti causeranno circa 10 milioni di morti all’anno, superando ampiamente i decessi per tumore (8,2 milioni), diabete (1 ,5 milioni) o incidenti stradali (1,2 milioni) con una previsione di costi che supera i 100 trilioni di dollari.

Come AIFA ha sottolineato più volte, l’antibiotico-resistenza è un fenomeno che necessita oramai di un cambiamento culturale a cui tutti sono chiamati, medici e pazienti. 

Un altro aspetto molto importante riguarda l’effetto degli antibiotici sul microbiota intestinale che varia al variare della molecola utilizzata, con danni fino a da 30 giorni dopo l’assunzione in caso di Penicilline , Cefalosporine e Macrolidi fino a quasi 2 anni con i Chinoloni e la Clindamicina. Tra tutti, i bifidobatteri ed i lattobacilli sono i primi a subire drastiche riduzioni. Da queste considerazioni nasce la necessità di associare sempre alla terapia con antibiotici una lunga terapia con probiotici per ripristinare i danni al microbiota intestinale. 

Per prevenire lo sviluppo dell’antibiotico-resistenza è fondamentale seguire alcune semplici regole:

prendere gli antibiotici seguendo esclusivamente le indicazioni del medico

completare l’intero ciclo di cura anche se ci si sente meglio

chiedi al proprio medico come comportarsi se ci si dimentica di prendere una dose

non prendere di propria iniziativa gli antibiotici avanzati da una precedente cura

non prendere mai gli antibiotici prescritti per un’altra persona

non prendere mai gli antibiotici in caso di raffreddore e/o influenza

L’assunzione di antibiotici contro infezioni batteriche leggere, come alcuni tipi di mal di gola, bronchiti o otiti, risulta spesso superflua poiché, nella maggior parte dei casi, per guarire da tali malattie è sufficiente l’azione del sistema di difesa dell’organismo (sistema immunitario). In questi casi, se necessario e dietro consiglio del medico, si possono prendere farmaci per alleviare i fastidi presenti (per esempio, antinfiammatori). 

Non tutti gli antibiotici sono efficaci contro tutti i batteri; quindi, è necessario che sia un medico ad indicare quale sia il tipo più adatto per la cura dell’infezione in corso. Per fare ciò, in molti casi è necessario effettuare un esame colturale con antibiogramma. Tale analisi consiste nel prelevare una piccola quantità di materiale (campione) dalla zona in cui è presente l’infezione, seminarla in terreni di coltura specifici, verificare se i batteri si moltiplicano ea quale tipo appartengono (esame colturale), quindi trattarli con diversi tipi di antibiotici per verificare quale sia il più efficace per impedirne la crescita (antibiogramma). 

E’ stato purtroppo anche dimostrato come un problema nel problema sia l’iperprescrizione in ambito ospedaliero (fino al 30% degli antibiotici somministrati ai pazienti ospedalizzati potrebbe non essere necessario). La durata del trattamento supera spesso quella raccomandata. Su questa cattiva gestione un importante aiuto potrebbe venire dalle analisi seriali della procalcitonina (PCT) , una piccola molecola che normalmente non è rilevabile nel plasma e che aumenta marcatamente nelle infezioni batteriche, specialmente quelle associate a sepsi, mentre non aumenta in quelle virali o nelle flogosi di origine autoimmune. 

L’adozione delle analisi della PCT nel programma di gestione della terapia antibiotica ha il potenziale di ridurre i tassi iniziali di prescrizione degli antibiotici, la durata del trattamento, la durata del ricovero in ospedale e la probabilità di eventi avversi causati dagli antibiotici, con il risultato di ottimizzare la terapia, migliorare gli esiti e ridurre i costi.

In ambito zootecnico nel novembre 2017 è stato ideato un progetto (SPiNCAR) per l’identificazione dei possibili standard minimi che riguardano i diversi ambiti di interesse sia umano che animale. Si valutano le diverse linee operative: sulla prevenzione e controllo delle infezioni; sull’uso sicuro del farmaco, sul monitoraggio della frequenza e del profilo di resistenza dei microrganismi isolati.